Può considerarsi infortunio in itinere quello occorso al lavoratore dopo aver riaccompagnato a casa un collega?

Può considerarsi infortunio in itinere quello occorso al lavoratore dopo aver riaccompagnato a casa un collega?
10 Novembre 2021: Può considerarsi infortunio in itinere quello occorso al lavoratore dopo aver riaccompagnato a casa un collega? 10 Novembre 2021

IL CASO. Tizio, mentre stava rientrando presso la propria abitazione, dopo aver accompagnato a casa un suo collega di lavoro, rimaneva vittima in un incidente stradale. La moglie Caia, anche in qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sui figli minori, agiva in giudizio al fine di ottenere il riconoscimento del diritto alla rendita ai superstiti ed all’assegno una tantum (ex art. 85 D.P.R. n. 1124 del 1965) in ragione del decesso del proprio coniuge, determinato dall’incidente stradale di cui era rimasto vittima.

Il procedimento, giunto in grado di appello, trovava definizione nella sentenza n. 5774/2014 della Corte d’appello che accoglieva l’impugnazione proposta dall’INAIL. La Corte d’appello riconosceva, infatti, che al fine di poter qualificare quello occorso a Tizio quale infortunio in itinere, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 38/2000, sarebbe stato necessario accertare che il tragitto effettuato fosse quello normalmente utilizzabile per collegare l’abitazione con il luogo di lavoro, mentre l’eventuale deviazione avrebbe dovuto essere giustificata da causa di forza maggiore, da esigenze essenziali o dall’adempimento di obblighi penalmente rilevanti.

Avverso tale sentenza ricorreva la moglie di Tizio avanti la Suprema Corte di Cassazione.

LA DECISIONE. La Suprema Corte, Sez. lavoro, con la sentenza n. 22180 del 3.8.2021 ha, anzitutto, rilevato che a fronte del positivo accertamento del fatto che fu una scelta di Tizio quella di accompagnare a casa il collega, la Corte d’appello aveva correttamente negato che l’incidente mortale potesse ritenersi occorso nell’espletamento di attività di lavoro e, dunque, su tale premessa, ha ulteriormente valutato negativamente anche la percorribilità dell’ipotesi dell’infortunio in itinere.

La Suprema Corte ha ribadito che l’art. 2 del D.P.R n. 1124 del 1965 copre tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta “in occasione di lavoro”, rientrando nella nozione di “occasione di lavoro”, tutti i fatti straordinari ed imprevedibili, inerenti all’ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento colposo dello stesso lavoratore, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della prestazione, con l’unico limite del rischio elettivo, inteso come tutto ciò che sia estraneo e non riguardante l’attività lavorativa e dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore.

La Suprema Corte ha, quindi,  riaffermato il principio secondo il quale “in tema di infortunio ‘in itinere’, indipendentemente dall’applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3 (aggiunto dal D.lgs n. 38/2000, art. 129 per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta ‘occasione di lavoro’, si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindere da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata”.

La Corte ha così Confermato che si deve sempre verificare la “normalità” della percorrenza dell’itinerario seguito e la sua non riconducibilità a ragioni personali, estranee all’attività lavorativa, per poter affermare che trattasi di infortunio in itinere.

Il ricorso è stato, quindi, rigettato.

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